A suonare la campana bela cento anni fa, insieme al fratello Carlo, era Luigi Corbetta. Carlo conosceva la musica, sapeva leggere gli spartiti, si esibiva al pianoforte anche nella balera del Pedar Sala. Luigi no, lui andava ad orecchio e a memoria. Saliva in cima al campanile nelle feste grandi e intonava semplici inni alla Madonna battendo con energia sugli otto tasti collegati alle campane. Proprio il suono bello, armonioso, allegro che ne usciva e soprattutto i motivi dedicati alla Bella Signora portarono i desiani a chiamare la campana bela l’intero sistema. Luigi aveva un legame speciale con la basilica, la gesa granda. Nato nel 1873, ha abitato una vita intera all’ombra del campanile, in via Olmetto. Ha sposato Angela Bonalumi il 7 agosto 1895, diciannove giorni prima che il cardinal Ferrari consacrasse la chiesa ampliata. Aveva 22 anni e lavorò con vigore, insieme a tanti altri giovani e meno giovani, alla realizzazione della nuova fetta di basilica. Negli anni, poi, ha messo mano a numerose statue di santi che necessitavano di riparazioni, così come alle statuine del presepio parrocchiale, che a volte scivolavano dalla presa del sacrestano. Ha collaborato con gli addetti ai paramenti della chiesa per le feste e le occasioni speciali. Per decenni ha completato con puntualità i cartelloni funebri che si esponevano sopra il portone principale della chiesa in occasione dei funerali, aggiungendo in bella scrittura il nome del defunto. Faceva questi lavori nel locale bazar che con coraggio aveva aperto proprio in via Olmetto. Luigi deve averci pensato parecchio. Aprire un’attività cent’anni fa era un’impresa ardua, soprattutto per chi, come lui, viveva della busta paga della Gavazzi (dove ha lavorato per 51 anni come operaio meccanico) e aveva una famiglia numerosa da mantenere. Deve averne parlato mille volte con la moglie Angela e coi figli più grandi. Si poteva fare, dai. Aveva le mani d’oro, si ingegnava nel disegno, come artigiano e falegname, di sera dopo la giornata alla Gavazzi e poteva dedicarsi a tanti lavoretti. La moglie si impegnò a seguire e curare il bazar, che rimase aperto fino agli anni ’70, anche dopo la morte di Luigi a Angela, grazie all’impegno della nuora Giuseppina. Al bazar di Luigi e Angela, cent’anni fa, si potevano trovare oggetti d’ogni genere, compresi i suoi lavori col traforo, vecchie stampe, bambole, cavalli a dondolo, vasi, piatti, libri, lumi a petrolio e , per i più piccoli, soldatini di carta, cartoncini per le costruzioni e bombolette, sarasette e saltamartini per la festa dei bagaj dell’oratorio. Il Corriere d’informazione, il quotidiano che usciva a Milano di pomeriggio, nell’agosto del 1955 dedicò a Luigi quattro colonne in occasione del sessantesimo anniversario di nozze, che coincideva col cinquantesimo di volontariato come campanaro, passione passata a due figli e al nipote che ha preso il suo nome. Uno degli episodi da lui raccontati quella volta al giornalista ha a che fare proprio con le campane: <<Un giorno, mentre si incideva un disco, un galletto ignaro di quanto si stava facendo accanto al campanile passò pettoruto davanti al microfono lasciando sgorgare dal gozzo un improvviso chicchirichì che il disco, purtroppo, registrò>>.