La Parrocchia oggi
Le modalità organizzative della vita religiosa nel passato erano molto diverse da quelle odierne.
Nei primi secoli della cristianizzazione, forse ricalcando una ripartizione civile tardoimperiale, le campagne erano suddivise in distretti denominati pievi.
In ogni pieve era presente una chiesa matrice (nel nostro caso la Basilica) presso cui viveva il clero e dove era collocato un unico fonte battesimale per tutta la pieve. È da sottolineare che la pieve era un distretto con valore non solo ecclesiastico ma anche civile; il territorio pievano corrispondeva ad una circoscrizione con funzioni prevalentemente di natura fiscale e giudiziaria.
La Parrocchia SS. Siro e Materno… nella storia
Le modalità organizzative della vita religiosa nel passato erano molto diverse da quelle odierne.
Nei primi secoli della cristianizzazione, forse ricalcando una ripartizione civile tardoimperiale, le campagne erano suddivise in distretti denominati pievi.
In ogni pieve era presente una chiesa matrice (nel nostro caso la Basilica) presso cui viveva il clero e dove era collocato un unico fonte battesimale per tutta la pieve. È da sottolineare che la pieve era un distretto con valore non solo ecclesiastico ma anche civile; il territorio pievano corrispondeva ad una circoscrizione con funzioni prevalentemente di natura fiscale e giudiziaria.
In seguito, soprattutto per iniziativa signorile o delle comunità locali, sorsero nei diversi villaggi delle cappelle presso cui il sacerdote risiedente nel capopieve si recava per la celebrazione dei sacramenti.
Poco alla volta, il celebrante si trasferì fisicamente presso la cappella assumendo la qualifica di rettore. Il passaggio successivo fu la creazione delle parrocchie, formalmente soggette all’amministrazione pievana, ma nella pratica dichiaratamente autonome.
Sembrerebbe che dopo il Mille i sacerdoti della chiesa di Desio si siano organizzati giuridicamente costituendo un capitolo facente vita comune presso una chiesa che si qualificava come collegiata.
Fino al XIX sec. a Desio era presente un nutrito gruppo di sacerdoti (teoricamente dodici) che, come in una comunità monastica, si dedicava esclusivamente alla recita comunitaria dell’ufficio ed alla celebrazione eucaristica.
La pratica pastorale era demandata al prevosto ed a un canonico coadiutore. Per gestire la sopravvivenza del gruppo, oltre alla riscossione delle decime, il capitolo era dotato di un’ampia superficie agricola destinata al sostentamento del clero.
Il capitolo fu soppresso in epoca napoleonica (1797) e, dopo il ripristino, cessò definitivamente di esistere per iniziativa dei prevosti ai primi del XIX secolo.
Da quel momento il capitolo cedette spazio all’organizzazione parrocchiale che è giunta fino a noi. Presso l’unica parrocchia cittadina operava un gruppo di sacerdoti coadiutori riuniti intorno alla figura del prevosto.
La pieve nel corso dei secoli era andata frazionandosi, perdendo quasi tutte le parrocchie che anticamente la componevano. La pieve scomparve definitamente nel 1971 con l’istituzione dei decanati.
Nel frattempo, in seguito alla veloce crescita demografica, l’unità religiosa cittadina si era già parcellizzata con la formazione di quattro nuove parrocchie.
Comuni che costituivano la nostra pieve:
Desio, Seregno, Macherio, Biassono, Vedano, Cassina Aliprandi, Lissone, Muggiò, Nova, Incirano, Dugnano, Paderno, Palazzolo, Cassina Amata, Cusano, Balsamo, Cinisello, Varedo, Bovisio, Masciago, Cassina Savina.
La Francia dell’Ottocento è il primo paese d’Europa nel quale cominciò a diffondersi la convinzione di poter fare a meno di Dio, di poter vivere come se egli non esistesse.
Proprio nel paese d’Oltralpe, tuttavia, alcune figure di santi, come Teresa di Lisieux, ricordarono che il senso della vita è proprio quello di conoscere e amare Dio.
Teresa nacque nel 1873 in un ambiente profondamente credente.
Di recente anche i suoi genitori sono stati dichiarati beati. Ella ricevette, dunque, una educazione profondamente religiosa che presto la indusse a scegliere la vita religiosa presso il carmelo di Lisieux.
Qui ella si affida progressivamente a Dio. Su suggerimento della superiora tiene un diario sul quale annota le tappe della sua vita interiore. Scrive nel 1895:
«Il 9 giugno, festa della Santissima Trinità, ho ricevuto la grazia di capire più che mai quanto Gesù desideri essere amato».
All’amore di Dio Teresa vuol rispondere con tutte le sue forze e il suo entusiasmo giovanile. Non sa, però, che l’amore la condurrà attraverso la via della privazione e della tenebra. L’anno successivo, il 1896, si manifestano i primi segni della tubercolosi che la porterà alla morte. Ancor più dolorosa è l’esperienza dell’assenza di Dio. Abituata a vivere alla sua presenza, Teresa si trova avvolta in una tenebra in cui Le è impossibile vedere alcun segno soprannaturale. Vi è, però, un’ultima tappa compiuta dalla santa. Ella apprende che a lei, piccola, è affidata la conoscenza della piccola via, la via dell’abbandono alla volontà di Dio. La vita, allora, diviene per Teresa un gioco spensierato perché anche nei momenti di abbandono Dio vigila ed è pronto a prendere tra le sue braccia chi a Lui si affida.