Il Bazar stava poco lontano dall’oratorio, quasi sotto il campanile della Basilica. Vi si vendeva di tutto e, solo in settembre, pure i botti per la festa dell’oratorio. Non si usava sparare per fine anno, come non esisteva la festa di Halloween.
La porta del piccolo negozio si affacciava su via Olmetto. Un gradino all’ingiù dava accesso all’unico locale carico di merce sistemata sugli scaffali e nelle credenze che coprivano i quattro lati e stavano lì dagli anni ’20, dai tempi di nonno Luigi Corbetta. In bottega Luigi riparava pure le bambole snodate, sostituendo l’elastico interno, quello che collegava e dava movimento a braccia e gambe. E preparava il cartello da mettere sopra il portone della basilica, ai funerali, col nome in stampatello del defunto e la prece di suffragio.
A gestire il negozio, dopo Luigi, è stata la nuora Giuseppina. Da loro si potevano trovare bolligomma, detersivi, vasi, piatti, profumi, quaderni, matite, spolette, cerniere lampo, il grosgrain per le gonne. Era un bazar. Il banco di vendita era di legno, pieno di mille cassetti. Uno era sempre chiuso a chiave. Quello dei soldi. Le monete vi scivolavano dentro attraverso una fessura.
La porta d’ingresso, aprendosi, accarezzava la campanella che segnalava a Giuseppina, nel retro, l’arrivo dei clienti. Una decina ogni ora, normalmente. Un assalto, invece, nella settimana di settembre che si concludeva con la ‘festa di bagaj’. La ‘roba’ (i botti) stava di là, circondata da un alone di mistero. Di sfroso, si diceva. Di straforo. La portava il solito fornitore, quello di tutti gli anni. Arrivava di sera, quando la sorveglianza calava, proprio come ai giorni nostri, con la giardinetta (quella con gli inserti di legno sui lati) carica di scatoloni nascosti sotto complici teli scuri. Scaricavano in fretta i cartoni.
Lo sapevano tutti che al Bazar si potevano trovare i bumbulett, i saltamartin, i sarasett. Dal lunedì alla domenica era una processione, dentro e fuori il Bazar. Pure la domenica, il giorno di chiusura. I ragazzi e anche gli adulti sapevano come fare: entravano dal cortile, dal cancello di via Mercato. Si rifornivano fino all’ultimo. Uscivano con le tasche piene e la certezza del divertimento. Divertimento corretto, però. Solo qualche spavento per le ragazze. Senza distruggere e danneggiare alcunché.