Vittoria! Vittoria! Lo hanno gridato gli spagnoli del calcio, lo ha gridato Tadej Pogacar al termine del Tour de France. La vittoria per noi è lontana ed ancora più lontana è la Vittoria (con la V maiuscola) che mai ha lasciato il cuore dei ragazzi dell’oratorio degli anni ’50 e ’60. Gridavano per davvero, loro: Vittoria! Vittoria! davanti alla bancarella del bar. Lei vendeva le caramelle la domenica pomeriggio insieme a Maria.

Una coppia di donne nubili, rollette innamorate dell’oratorio, col grande desiderio dentro di fare qualcosa di concreto per l’istituzione e per la gioventù. Grembiule nero sempre, festa e di ‘laur (ci mancherebbe altro), capelli bianchi raccolti sulla nuca a formare ‘l bezin, pochi denti, il sorriso stampato in volto, la sciura Vittoria (sarebbe meglio dire Vitoria, con una ‘t’ sola che scivola via) spuntava appena dal banco dei dolci, nonostante la pedana su cui poggiava i piedi. Distribuiva golia e asabesi, bolligomma e more, contando i pezzi senza farsi sviare dalle voci di chi tentava di confonderla.

Vun, duu, tri, iniziava lei. Sett, vott, quatordas, ribattevano i monelli. Quatar, cinq, ses, continuava Vittoria, concentrata. Vintun, trentadue, setantasett, insistevano quelli. A golia e bolligomma si aggiungevano bovoloni e pipette di zucchero, rosse; i bastoncini colorati,
le stringhe e la farinetta; e la liquirizia di legno, che durava una vita.
Vittoria se ne stava lì, attenta, contenta, tra le urla dei più piccoli, finché arrivava il tempo della dottrina. Anche lei raggiungeva la chiesa per la benedizione, si sedeva accanto ai ragazzi con le catechiste e con gli adulti di riferimento, esempi impagabili di fede concreta. Tantum Ergo iniziava il canto durante l’esposizione del Santissimo. O Salutaris Hostia, faceva il motivo che riaccompagnava la particola nel tabernacolo. Bella tu sei qua al sole, si cantava per salutare la Madonna Immacolata, lassù in alto. Poi tutti uscivano dalla chiesa e riprendevano i giochi. Vittoria, stanca, tornava a casa, su per la scala, nel cortile di piazza Castello, di
fianco al cinema Astor. Vittoria, Vittoria, gridavano i ragazzi che passavano di là, anni dopo, chiamandola da sotto il portone, per salutarla, riconoscenti. Lei, ancora più anziana, si affacciava alla ringhiera, sembrava benedire come il Papa dalla finestra del palazzo in piazza San Pietro. E sorrideva contenta. Contenta quanto noi, quando i nostri vinceranno di nuovo l’europeo di calcio e il Tour de France.

 

La sciura Vittoria è col gruppo di bambini del 1949 che ha appena ricevuto la prima comunione (la foto è quindi del 1956/57).

La sciura Vittoria è col gruppo di
bambini del 1949 che ha appena ricevuto la prima comunione (la foto è quindi
del 1956/57).

La sciura Vittoria si vede appena appena a destra. Più a sinistra, con gli occhiali scuri, la mamma di don Luigi Bandera. Sopra la mamma di don Luigi c'è Vitaliana Pasquali. Poi il trio in primo piano: don Renzo Mantica, la sua mamma Pia e Luigino Tagliabue.

La sciura Vittoria si vede appena appena a
destra. Più a sinistra, con gli occhiali scuri, la mamma di don Luigi Bandera. Sopra la mamma di don Luigi c’è Vitaliana Pasquali. Poi il trio in
primo piano: don Renzo Mantica, la sua mamma Pia e Luigino Tagliabue.