Appena fuori l’oratorio, due passi verso piazza Castello, si poteva sognare. Lo si poteva fare anche dentro l’oratorio, in cortile o nella chiesetta, ma quel giardino lì accanto era veramente magico. Era un giardino da sogni quello di Villa Longoni, in via Achille Grandi. A portata di mano e nello stesso tempo lontano, distante dalla realtà quotidiana di quei giorni, fatta di cortili con la ‘tromba’ dell’acqua nel mezzo allo spazio, di rustici, di stalle con le mucche dentro, anche lì davanti, in via Pozzo Antico. Un angolo irraggiungibile. Con le mani aggrappate alle inferriate si poteva solo volare. Liberando lo sguardo fino in fondo, oltre le aiuole fiorite, le siepi ben disegnate, oltre il primo arco di pietra e la statua segnata dal tempo, nella prospettiva proposta dai filari di alberi, lo si vedeva. Si vedeva il mare. Il mare che poche famiglie potevano raggiungere nella realtà. Lo si intuiva lontano, dipinto dalla mano di un pittore saggio e generoso, capace di trasmettere emozioni e profumi. Era là in fondo, il mare. Non lo si poteva toccare con quelle mani lì, ma c’era. Arrivava il profumo a chi ci si fermava davanti. E anche il suono e la brezza. Ci si poteva tuffare solo col pensiero, però. Quelle mani sporche di terra, che avevano toccato poco prima il pallone dentro il campo dell’oratorio, non ce la facevano a staccarsi dell’inferriata. E non frenavano il pensiero, lo lasciavano volare fin dove niente altro arrivava. Fino ad una città bella, pulita, giusta. Fino a mamme e papà attenti. Nonni contenti. Una città in grado di offrire il lavoro a tutti, anche a chi fatica, a chi apparentemente pare poco idoneo a garantire i ritmi del profitto, perchè… perchè diversamente abile, si dice. Fino all’attenzione per chi è invecchiato e ha poco, ormai, da offrire, dopo aver dato tanto. Per chi arriva da lontano e chissà perché si è fermato a Desio. Neanche fosse Betlemme. Per chi canta, chi parla, chi pensa, chi se ne frega di tutto e di tutti. Bello, quel mare laggiù, in fondo al giardino di Villa Longoni, messo lì a raccogliere i sogni di generazioni intere di ragazzi. C’era un grande prato verde davanti al mare, subito dopo l’oratorio. Dove nascono speranze, si cantava. Oggi, lì, è un disastro. Nessuno cura più da decenni il giardino dei sogni. Per fortuna, poco più in là, non hanno mai smesso di curare i ragazzi e ancora oggi, come sempre, chiedono la collaborazione di tutti per realizzare il progetto educativo capace di far crescere la città di domani.