Ancora una sessione di calciomercato senza botti e senza soldi, quest’anno, neppure dall’Arabia Saudita. Senza botti e senza soldi proprio come succedeva all’oratorio, quando le squadre si formavano per scelta, sa catava foeura. Accadeva sempre nei pressi del calcio d’angolo, quello sinistro per chi poi doveva attaccare guardando la cappelletta di san Filippo Neri, dietro la porta lato Pulea. Arrivava quello col pallone e tutti gli si facevano intorno. Chi fa le squadre? Chi portava il pallone aveva il diritto di scegliere per primo. Era pure eletto automaticamente capitano. Il suo antagonista era nominato dal resto del gruppo. Per quegli speciali calciomercato fatti con la conta sono passati negli anni nomi illustri. Pseudonimi, ovviamente, ma di certo presenze simpatiche e gradite. C’è stato Pelè, ad esempio. Mario, per la verità, ma per tutti era Pelè. Anche per chi formava le squadre. “Pelè è con noi” diceva uno dei due capitani. Aveva un buon tiro e un fisico possente. “Io prendo Jair”, rispondeva l’altro selezionatore. Non era l’ala destra della grande Inter. Era Adalberto, scuro di carnagione, magro e scattante proprio come il brasiliano nerazzurro. Ad uno ad uno tutti quanti venivano scelti, i migliori prima, i più scarsi dopo, sia per ‘sota’ che in porta. Nessuno era escluso e le interminabili partite vedevano opporsi squadre anche di venti giocatori ciascuna. Ci si poteva aggiungere a gara in corso. Bisognava presentarsi uno per parte, però, per non rompere l’equilibrio. E già si applicava la regola della sostituzione, il rimpiazzo di chi doveva tornarsene a casa. Fuori uno, dentro l’altro. Jair non era l’unico giocatore dell’Inter ad avere l’alter ego in oratorio. Prima di lui c’era stato Bolchi. L’originale era mediano nelle prime formazioni del mago Herrera. Qualche presenza anche a ricordo del Milan: Amarildo e Cudicini. La Juve invece era rappresentata dal portiere Mattrel e dal fuoriclasse Sivori. Carlo Mattrel, quello vero, era passato poi al Palermo in cambio di Anzolin. Antonio, quello finto, arrivava in bicicletta dallo Spaccone, col sacchetto attaccato al manubrio: indossava il maglione bianco, i guantoni, le ginocchiere e prendeva un sacco di gol. Sivori, Marco, non Omar, giocava pure lui coi calzettoni giù ed aveva il dribbling nel sangue come il cabezon. Le scelte, le partite, i polveroni. Niente soldi e botti, allora. Qualche botta si, però, e tante ginocchia sbucciate.

 

Panoramica del campo di calcio in terra battuta

Panoramica del campo di calcio in terra battuta

La porta di calcio che era situata nella parte sud del cortile dell'oratorio.

La porta di calcio che era situata nella parte sud del cortile dell’oratorio.