Il Tour de France per la prima volta ha preso il via dall’Italia. Il caldo di luglio si fa attendere e non scioglie il giallo e il fascino della maglia del leader. Al Tour non fanno concorrenza neppure gli europei di calcio. Soprattutto da quando l’Italia non c’è più. Gli italiani hanno fatto la storia della Grand Boucle: Nibali, Pantani, Gimondi, Nencini, Coppi, Bartali. Ecco,  Bartali. Gino. Come lui. Gino Bugatti. Desiano, oratoriano fin dentro il midollo, sportivo, attento lettore e collezionista della Gazzetta dello Sport. Come Bartali, il Gino nostrano viveva in bicicletta. Gli serviva in settimana per arrivare alla Pirelli, dove lavorava, e la domenica per raggiungere l’oratorio. Una bici senza cambio, col manubrio classico. Una Legnano, forse. Oppure una Bartali, chissà. Pedalava e di sicuro, pedalando, pregava, Gino Bugatti. Proprio come Gino Bartali, quando gli affidavano i documenti segreti, quelli per gli ebrei. La loro salvezza. Quelli che nascondeva nel canotto della bicicletta per superare i blocchi tedeschi, lungo le strade di Toscana e Umbria, in tempo di guerra. Pregava sicuramente, Gino Bartali, quando la paura lo assaliva. Pregava, Gino Bugatti. E cantava. Aveva una voce possente. Come quella del suo amico don Renato Coccè, il primo prete dell’oratorio più giovane di lui, arrivato dopo il maestro e mito don Alessandro Luoni. Gino frequentava da sempre l’oratorio di via Grandi. Quando arrivò don Renato, nel 1947, ha continuato a farlo, aiutando il prete nella dottrinetta, nella organizzazione dei tornei, nei lavori per le feste, nelle processioni, con lo stendardo da sorreggere o sotto il baldacchino. Era un esempio positivo per centinaia di giovani. Sempre presente, biondo, la testa eretta, gli occhi chiusi mentre dava corpo, ispirato, al canto per l’Immacolata, tra nuvole profumate d’incenso, nella chiesetta o nel cortile: “O del cielo gran Regina, tutti corrono ai tuoi piè. E alla grazia tua divina dan tributo di lor fè ”. Poi don Renato diventò parroco di San Pio X, parrocchia nascente. E lui, Gino, proprio lì aveva casa, con la moglie e i quattro figli, tra i campi per andare alla Valera. Come Bartali, cambiò casacca, dalla Legnano all’Atala. Per lui, dalla Basilica a San Pio. Non ha smesso di cantare, da dietro l’altare, nel coro diretto da Pio Garoni, nella chiesa ampliata dall’ingegner Viganò. O da giù, tra le panche, dietro le colonne che creano angoli discreti e nascondono i fedeli.  Don Renato intonava e sapeva di trovare in Gino la sponda giusta: “Bella, tu sei qua al sole, bianca più della luna. E le stelle più belle, non son belle al par di te” . Difficile incontrare oggi uomini così, cattolici così. Difficile almeno quanto trovare tra i giovani ciclisti italiani un nuovo Bartali. Ma, non si sa mai.

Gino Bugatti accanto ad un ragazzino impegnato nel gioco della pignatta in oratorio maschile

Gino Bugatti accanto ad un ragazzino impegnato nel gioco della pignatta in oratorio maschile

Gino Bugatti, primo a sinistra, col cappotto

Gino Bugatti, primo a sinistra, col cappotto