Al tavolo, al ristorante, erano in sette: Mariuccia ed Ezio, Bruna e Rinerio, Anna e Angelo e lui, monsignor Luigi Castelli. Gli altri partecipanti alla gita riempivano il salone, sparsi qua e là.  Era stato Rinerio ad insistere: stringemas – aveva detto – e femm vegnì chi ‘l prevost.  Così fu. Il pullman organizzato dalla parrocchia, stracolmo, aveva raggiunto il lago di Lugano, sponda italiana. Era sabato 13 giugno 1981. La visita a Oria Valsolda con Villa Fogazzaro, i luoghi in cui è ambientato il più famoso romanzo dello scrittore, Piccolo mondo antico, aveva riempito gli occhi ed il cuore. Aveva anche smosso un certo appetito. Pure in monsignor Castelli, che per la verità non era un gran mangione, lento di digestione. Tanto che teneva fissa sulla tavola della canonica la scatola della Citrosodina. Si misero d’accordo, gli uomini della comitiva, che poi erano principalmente quelli che gironzolavano in parrocchia: facciamogli uno scherzo, ga femm purtà la pastina. Così fecero. I camerieri distribuirono risotto per tutti e lasciarono davanti al parroco un piatto di pastina tempestina. Lui sorrise, stette allo scherzo e la mangiò. Poi alzò il dito, attirò l’attenzione del cameriere e chiese il risotto. E pure il pesce di lago, come per tutti gli altri. Finì il pranzo con una ciotola di gelato, di cui era particolarmente ghiotto. Si fermarono poi a Campione d’Italia, dove era prete un compagno di messa di monsignore. C’erano ville traboccanti ricchezza. Ma nunch emm da andà in paradis con quei lì? sussurrò ad Anna, ridendo e tirandole la manica al vestito, conservato tuttora nel suo armadio. All’arrivo a Desio, monsignor Castelli scese dal pullman per primo, appoggiò il maglioncino nero sulla spalla e prima di entrare in Basilica si voltò verso i gitanti, salutando con la mano. Non aveva il tricorno in testa, il tipico cappello dei parroci. Non lo indossava mai. Anzi, sosteneva scherzando che aveva chiesto in Curia una deroga alle ferree leggi: sostituire il fiocchetto rosso sul cappello nero. Con un altro. Azzurro. Per sostenere l’Inter, la sua squadra del cuore. Quello di sabato sera 13 giugno fu un saluto ed un’immagine che tanti hanno portato negli occhi per sempre. Due settimane dopo monsignor Luigi Castelli morì tragicamente. Era il 30 giugno 1981, martedì. Il giorno del suo sessantesimo compleanno. Stava concludendo i pochi giorni di ferie che si era concesso. Era in macchina con la cugina Piera. In molti da tempo gli suggerivano di cambiare la vecchia Fiat 850 grigio topo. No – rispondeva -, va ancora bene. Mi porterà fino alla morte. Fu così. Uscì da uno stop a Vascon de Carbonera, Treviso. Morì sul colpo. Morì anche la cugina Piera. Fu una giornata tristissima per Desio. Le campane suonarono il loro più straziante concerto. Tì – telefonò subito Mariuccia ad Anna – è mort ‘l prevost. Sta disat? Nessuno poteva credere ad una realtà tanto crudele e dolorosa. Gianpiero, Rinerio, Angelo e don Giovanni Frigerio partirono subito da Desio per il luogo dell’incidente. I corpi erano all’obitorio, la macchina un groviglio di lamiere. Angelo recuperò la lampadina di uno dei fanali. Anna, oggi 96enne, la conserva ancora in una scatola: riesi no a sbatala via, dice dopo 43 anni. Monsignor Castelli era prevosto di Desio da quattordici anni. Dall’8 ottobre 1967, festa della Madonna d’ottobre.

 

Mons. Luigi Castelli

Mons. Luigi Castelli

Il luogo dell'incidente

Il luogo dell’incidente a Vascon de Carbonera (Treviso). Foto scattata da Angelo Farina: si scorgono don Giovanni Frigerio, Gianpiero Mariani e Rinerio Villa