I cadregat della basilica, i sediari e i questuanti che raccoglievano le offerte tra i fedeli durante le messe, non discutevano troppo tra di loro. Non ce n’era bisogno. Ormai facevano tutto a memoria, i due Moscatelli, padre e figlio, Lavezzari, Orsenigo, Galbiati, Cazzaniga, Borella, Brugora. Un’occhiata e, tuc e tac, erano pronti per il servizio. Il Lavezzari (Lavizar) non discusse a lungo neppure con sua moglie quando si trattò di decidere di tenere in casa la gallina, pure se la pennuta non stava certo ferma e razzolava tra le quattro mura come fosse in cortile. C’era stata in cortile, tempo prima, ma ormai aveva dimenticato come si faceva a scovare il filo d’erba tra i sassi, a immergere il collo nella tolla piena di ‘gibull’, di ammaccature, consumata all’inverosimile, recuperata dall’anciuat (il venditore di acciughe), con gli angoli ancora arricchiti da rimasugli di sale grosso capaci di insaporire il pane vecchio (ul pan poss) lì dentro ammorbidito con un goccio d’acqua. Per la gallina. Si era dimenticata un sacco di cose, la gajna del Lavizar. Era vecchia, ma moglie e marito le erano affezionati e, tuc e tac, decisero: la tegnum in càa. Gallina vecchia fa buon brodo, dice il proverbio, ma loro non ci pensavano neppure a tirarle il collo. Neanche si lamentavano del fatto che non faceva più l’uovo. Era come un micio per i due anziani che abitavano in alto, al secondo piano, in cortile. A volte la gallina saliva su una delle sedie impagliate che c’erano in casa, ci rimaneva un poco, come si fosse addormentata e poi, tuc e tac (pure lei) apriva l’occhio, lo faceva girare, balzava sul tavolo e annusava nella scodella vuota del ‘pumija’. Le sedie. Le sedie facevano parte della vita del Lavizar. In casa ne aveva giusto l’indispensabile. Una la portava fuori, sul ballatoio, davanti alla ringhiera, quando faceva caldo. E da lassù si godeva il panorama: vedeva i bambini giocare, gli uomini rientrare dai campi, le donne lavare con asse e mastello. Era in chiesa che di sedie ne maneggiava tante. Al vicino Crocifisso, dove era vice sacrestano, e in basilica, la domenica, quando raccoglieva le offerte. L’era un cadregat, infatti. Nella sacrestia degli uomini, sotto il quadro di Gesù con la resega in mano, accanto a Maria e Giuseppe (un chiaro monito per la parte maschile dei fedeli che occupava il settore di destra: ga voeur lavurà, come faceva anche la Sacra Famiglia, compreso ul Signor), i confratelli custodivano le loro cose, le vesti rosse, i cordoni per le processioni, gli stendardi. Più avanti, nell’armadio nel corridoio dopo il coro, c’erano le giacche eleganti per gli addetti alla questua. Per molti di loro quella era la giacca più bella che potevano indossare. Piena di tasche, di bottoni, completa di guanti bianchi. Tuc e tac (ancora loro) si vestivano e si dividevano i compiti. Chi prendeva il lungo bastone con la sacca di velluto rosso in cima, dove i fedeli infilavano l’offerta libera, con maestria lo infilavano negli stretti spazi tra le brelle (le panche) e lo riportavano a sè appesantito dalle monete, facendo attenzione alle teste allineate. Chi metteva a tracolla la borsa e si avventurava tra le sedie, riscuotendo la tassa obbligatoria o il gettone testimone del contratto periodico già pagato. C’era chi, come la gallina in casa Lavizar, faceva finta di dormire quando passavano loro. I questuanti non transigevano: una scossettina e un ‘alura?’ bastavano. Qualcun altro, di soppiatto, cambiava posto, è vero, ma pazienza. Loro poi, al termine del servizio, dopo il conteggio delle monete e dei gettoni e l’annotazione sul registro, avrebbero voluto bersi un bicchierino di vin santo, quello della messa, giusto un goccino per inumidire le labbra. Ma don Primo Gasparini non era dell’idea. Tuc e tac (anca ‘l pret), per evitare malintesi, dopo aver riempito l’ampollina per la messa, segnava con la matita il livello del liquido sull’etichetta della bottiglia. Niente vino per i cadregat. E, vista l’età della gajna, pure niente uova per ‘l Lavizar. Per la rusumada, insomma, bisognava ingegnarsi diversamente.

Il cortile di via Lampugnani

Il cortile di via Lampugnani

Il gettone per la sedia in Basilica

Il gettone per la sedia in Basilica